lunedì 28 febbraio 2011

My loneliness is killing me

Inizia come una sorta di telegiornale. Sfondo marittimo di non so dove; in primo piano il giornalista che intervista un tizio che a breve riceverà un qualche riconoscimento, non importa e non ricordo quale.
Subito dopo, siamo nel salone del municipio (di non so dove). Un'orchestra suona un Concerto Brandeburghese di Bach. Non riesco ad evitare di canticchiare a bassa voce, e gli spettatori della fila davanti alla mia si girano e mi tirano un'occhiataccia. Mia sorella, che è seduta dietro di me, si mette a chiacchierare ad alta voce, cosa che mi fa innervosire parecchio poiché l'orchestra stava ancora suonando.

Finito il brano, sento dire che è il turno di mia madre, che interviene in qualità di partecipante ad un concorso di "musica bohémienne", qualsiasi cosa sia, come cantante e paroliera. Sono un po' imbarazzato: mia madre non è mai stata molto brava a cantare. La sua è una cover di una canzone famosa, ma il fonico sbaglia più volte la base. Prima mette I Want It That Way dei Backstreet Boys, ma mia madre si accorge subito che il testo non si adatta al ritmo della musica e fa un gesto al fonico. È un po' confusa. Io, non so come, ho in mano una fotocopia del testo della canzone. (Peccato che non me lo ricordi, ma comunque non era un granché.)
Il fonico tenta di nuovo con una canzone di Madonna, ma non ricordo quale. Non va neanche quella. Ultimo tentativo: One More Time di Britney Spears. Leggendo il testo (che nel frattempo è cambiato e soprattuto è passato dal Times New Roman all'Arial) mi sembra quella giusta, principalmente perché mi accorgo proprio in quel momento che ci sono anche le onomatopee dell'intro.

La sveglia mi interrompe prima di gustarmi la performance di mia madre, con la conseguenza di farmi alzare dal letto canticchiando #my loneliness is killing me#...

venerdì 25 febbraio 2011

Tremate, tremate

La Strega è un individuo meschino, di una cattiveria fuori dal comune. Del tutto incapace di provare empatia, la sua unica gioia sta nell'assistere alle disgrazie altrui. Non solo: la Strega non può mai essere felice. Questo fatto la rende invidiosa delle persone normali e la frustra a tal punto che il suo passatempo preferito ormai è cercare ogni volta un modo diverso e più efficace per sottrarre la felicità agli altri, per cancellarla, eliminarla, annientarla.
Quando conosci la Strega, lei cerca di entrare in confidenza con te, e quando ci riesce si impossessa della tua felicità. Ti basterà anche solo pensare alla Strega e tutta la felicità che starai provando in quel momento, non importa quanta sarà, svanirà immediatamente, lasciando lo spazio dapprima alla desolazione e infine all'ira accecante verso di lei. Ira che non si sfogherà mai, poiché la strega, soddisfatta, si sarà già ritirata nel suo antro, scomparendo dalla tua vita ma non dalla tua mente.

domenica 13 febbraio 2011

Orrori da gustare — Una storia di agghiacciante superficialità

È avvenuto realmente poche ore fa a casa mia, ad una tavolata di parenti.

Tutto è partito da una notizia banalissima (spero di riportarla correttamente): in un qualche aeroporto di Milano hanno dovuto catturare dei conigli selvatici perché si trovavano sulla pista, ma per le proteste degli animalisti non hanno potuto abbatterli ma li hanno semplicemente catturati e portati da un’altra parte, dove non avrebbero fatto danni.

Mio nonno materno e il compagno di mia nonna paterna si sono quindi scambiati delle battute dapprima critiche fino a diventare agghiaccianti.

«Ah questi animalisti, non hanno nulla da fare.»
«Dovevano ignorarli e sparare ai conigli.»
«No, dovevano sparare direttamente agli animalisti.»
«Ah, se c'era il tuo amico...!» (ossia Mussolini)
«Lui sì che sapeva mantenere l'ordine!»

Fino a poco tempo fa avrei ignorato una situazione del genere, mi sarei controllato per non creare tragedie familiari, ma questa volta proprio non sono riuscito a trattenermi e ho sbottato.
«Meno male che non c'è più! Vivaddio che non c'è più! Altrimenti saremmo rovinati!»

Nonna materna: «Ma cosa stai dicendo, sai benissimo che per lui è una figura sacra, che ci tiene tanto, e dovresti rispettare le sue convinzioni. Mussolini ha fatto anche molto bene al Paese.»

«Ah sì? Ma sapete veramente come faceva a mantenere l'ordine? Se uno non era d'accordo con lui, ad essere fortunato lo spediva in un'isoletta scollegato dal mondo, altrimenti lo faceva pestare a sangue oppure lo mandava direttamente sotto terra.»

Compagno della nonna: «Ma cosa ne sai tu che non eri ancora nato!»

«Forse ne so io di più che non ero ancora nato ma ho studiato la storia di te che avevi cinque anni.»

Il compagno della nonna mette fine alla discussione dicendo, in parole povere, che non gli piace toccare l'argomento per evitare di litigare a tavola.

Subito dopo il dolce, non contenti, gli stessi due vecchi di prima si fanno prendere da un accesso di populismo forcaiolo. Si parlava di un conoscente che si è suicidato impiccandosi.

Madre: «Quando uno vuole suicidarsi, alla fine ci riesce in ogni modo.»
Compagno della nonna: «Eh sì, ci riescono perfino in carcere, dove sono sorvegliatissimi.»
Nonno: «Ma quelli se si suicidano tutti ci farebbero un favore!»
(battute successive tagliate per motivi di decenza)

Di nuovo non ci ho visto più e con un tono estremamente alterato (ancorché trattenendomi dal tappare loro le bocche infilandoci di traverso delle bottiglie di grappa) ho ribattuto:
«E se succedesse a uno qualsiasi di voi o a un vostro amico? Mettiamo che uno sia in carcere in attesa della fine del processo, con la sua reputazione ormai rovinata; anche se questo viene assolto, quanto è facile che voglia impiccarsi nel frattempo? Ma vi rendete conto di quello che state dicendo? Ci vuole un minimo di rispetto quando si parla di queste cose!»

In quell'istante, con la mia massima soddisfazione, è sceso il gelo sulla tavolata. I due forcaioli avevano un'espressione imbarazzatissima, totalmente incapaci di rispondere. L'argomento è caduto, siamo rimasti in silenzio per un minuto buono.

Anche se non ero l'unico a pensarla così, ma ho semplicemente detto quello che nessuno aveva voglia di dire in quel momento, mi sconforta vedere che anche nella mia famiglia si trovano esempi di superficialità disarmante, di populismo sciatto. E mi rattrista ancora di più sapere che quelli come loro sono tantissimi, troppi.

lunedì 7 febbraio 2011

[2008] Feticista della scrittura a mano

Da un appunto scritto a margine su una scheda di Storia della musica, 2008.
Mi ritengo, e credo a buon titolo, un "feticista" della scrittura a mano. La mia calligrafia è e sarà sempre solo la mia, unica. E ciò indipendentemente da ogni mio tentativo di renderla più o meno leggibile, più o meno decorativa, più o meno corsiva, più o meno veloce, più o meno riconoscibile, più o meno regolare.
Diciamo innanzitutto che regolare non lo sarà mai, sia per motivi di carattere, sia perché la mia scrittura non è tanto un movimento coordinato dei muscoli, ma più che altro uno spasmo. Le lettere fluiscono dalla matita, o dalla stilografica (biro, non sia mai!) in modo discontinuo. Escono un po' dritte e un po' storte, un po' rotonde e un po' angolose... Ogni tanto sono così belle che sembrano disegnate da un calligrafo. Spesso invece si accartocciano, come se dalla fretta la matita si fosse dimenticata di masticarle bene.
Se c'è una cosa di cui posso essere sicuro, è che la mia scrittura è irrimediabilmente piccola, come se cercasse di nascondersi, come la scrittura di qualcuno che non vuole dirti molto di sé stesso, come se cercasse di sottrarsi alla tua vista, come uno che non vuole rivelarti il minimo dettaglio di ciò che sta pensando. Una persona totalmente opaca verso gli altri, ermetica, una scatola nera.
«Preferisce il montepremi o la scatola nera?»
In questo caso la storia si biforca a seconda della risposta.
«Voglio il montepremi!» «Oh che disdetta! Nella scatola nera c'era... il doppio del montepremi!»
«Voglio la scatola nera!»
Allora la prendi, consegni tutto il montepremi e, convinto di essere stato più intelligente degli autori, la apri, e dentro è vuota.
"Cazzo — pensi — se solo avessi studiato meglio la meccanica quantistica a scuola!"

domenica 6 febbraio 2011

Meraviglioso¬

Non so se a voi è mai capitato, ma spesso, in chat o via SMS, ho avuto il problema di sottolineare il sarcasmo. Non è solo perché esistono persone che non sanno riconoscere il sarcasmo nemmeno mettendo un cartello luminoso, ma anche perché senza faccia o tono di voce è difficile riconoscerlo. Un'emoticon non avrebbe risolto il problema, perché non sempre la faccina ammiccante o quella scocciata rendono bene l'idea.
Così, con un amico, ho pensato di trovare un segno di punteggiatura per il sarcasmo. Ho scelto il simbolo "¬" perché in logica viene usato per indicare la parola "non", e poi fa la sua porca figura. Ammirate l'effetto.

«Ah ma quindi stai con ***?»
«Sì»
«Potevi dirmelo chiaramente! Beh se vuoi farti un amante, io sono sempre disponibile ;)»
«Puoi contarci!¬»
«Lo sai che oggi hai proprio la pelle grassa?»
«Io mi scopo tua madre.»
«Comunque scherzavo.»
«Anch'io¬»
Io: «Ah, l'altro giorno ho visto Coso; gli ho parlato tanto di te, Mia, e vuole assolutamente conoscerti. Ovviamente¬ anche te, Mary.»
Mary: «Ma quindi sa che esisto?¬»

Ora che lo conoscete, so già quanto vi divertirete¬ a usarlo.

Note: utenti Windows: visto che la Microsoft ama rendervi le cose facili¬, per produrre il simbolo ¬ bisogna digitare 0172 tenendo premuto Alt.
Utenti Linux/Unix (tranne Mac), per voi è più semplice: AltGr + 6.
Utenti Mac, non ne ho idea. Giochicchiate con Alt e gli altri tasti; se qualcuno trova la combinazione ed è così gentile da scriverla in un commento, gliene sarò grato a vita¬.
Update: per i "maccari" è Alt + L. Grazie della segnalazione, ne sono entusiasta¬.

giovedì 3 febbraio 2011

Dyssomnia

Addormentarmi per me è una chimera, specie quando ho delle questioni in sospeso, dei lavori da finire o sono nervoso. Cioè sempre.

Ho provato rimedi vari, da quelli più naturali, come cercare di trattenere il respiro fino a svenire, leggere un libro di Umberto Eco, a quelli più creativi, ad esempio distrarmi esercitandomi davanti allo specchio a sollevare un sopracciglio solo. Senza successo. O meglio, ho più controllo delle mie espressioni facciali, ma ho lo stesso arretrato di sonno di prima.

Nemmeno dormire abbracciato a un ragazzo funziona, ma ho notato che un minimo aiuta. Finora uno solo è arrivato molto vicino a farmi addormentare tra le sue braccia, e per poco non ci è riuscito. Confido nei prossimi.

Potrebbe diventare un reality show. Ho già pronto il titolo: Dyssomnia (perfetto anche per un film dell'orrore). Manca solo il premio. Eccolo: il concorrente, l'uomo, che riuscirà a farmi addormentare tra le sue braccia per primo, avrà... il mio amore eterno? (Non ci credo veramente nemmeno io, ma suona molto bene.)