sabato 15 febbraio 2014

Changes


Come alcuni di voi già sanno, da gennaio mi sono trasferito in Inghilterra per lavoro e rimarrò qui un anno. Non a Londra come capiscono tutti quando lo dico, ma in una cittadina sperduta del Somerset, contea famosa per le fattorie, il sidro, l'accento strano e la noia. Per me è come essere rimasto a Lodi: una cittadina piccola, in mezzo ai campi, lontana dalla civiltà (anzi più lontana ancora, dato che la città più vicina, Bristol, è a un'ora e mezza di macchina) ma col vantaggio di lavorare a 10 minuti di bici da casa.

Credevo di partire allo sbaraglio e invece avevo organizzato quasi tutto. Avevo già trovato una stanza quando sono venuto qui per qualche giorno a dicembre. Nel giro di due settimane ho chiesto il cambio di residenza, mi sono trasferito, ho attivato un numero di cellulare, ho comprato una bici, mi sono iscritto alla previdenza, ho aperto un conto corrente, ho scelto il medico di base, ho fatto la carta fedeltà del Tesco e ho comprato una macchina usata. In quest'ordine. E dopo un mese mi sono fatto spedire il pianoforte digitale che avevo in Italia, sotto gli occhi sbalorditi e invidiosi dei coinquilini.

Nel frattempo il mio livello di Inglese parlato è peggiorato significativamente — lo svantaggio di essere finito in un ufficio vicino ad altri italiani, anche se non lavoro con loro, e di avere degli indiani come coinquilini. Ora che ho due coinquilini di madrelingua inglese le cose sono migliorate, anche se mi sento di giorno in giorno più ignorante. Così ho deciso di ricominciare a studiare.

(continua...)

martedì 15 ottobre 2013

mercoledì 24 ottobre 2012

Nebbia padana

E poi ci sono momenti come questo, in cui nonostante stia arrancando con la corriera in mezzo alla nebbia della campagna padana, di ritorno dal lavoro la sera tardi, che mi viene la subitanea ancorché nitida sensazione di essere finalmente realizzato nella vita, o almeno di essere sulla buona strada, di essere quasi un dio insomma, un supereroe che sta raggiungendo il pieno controllo dei suoi poteri. Ma che cazzo dico... sto solo delirando per il sonno, LOL.

domenica 11 marzo 2012

La setta

Sono naufrago su una piccola isola sperduta in mezzo al mare e vengo soccorso dagli abitanti, che mi portano nel loro villaggio. Il loro “quartier generale” ha l’aspetto di un centro commerciale, con un parcheggio ampio ma quasi completamente vuoto – non ci sono molte automobili qui.

L’isola è controllata da una setta, non si capisce bene di che religione, ma si vede chiaramente che sono molto bacchettoni: non si possono dire parolacce, non si possono fare allusioni sessuali, bisogna sempre essere buoni e sorridenti (non molto diverso da una setta cristiana evangelica). A capo dell’isola c’è un re nero, molto pacchiano, cui piace il cibo e il gioco d’azzardo (strano che non sia vietato... ma per il re si può sempre fare un’eccezione), che cerca di fare sempre il simpaticone: stringe la mano a tutti, fa molte battute, parla sempre con la voce alta...

Siamo tutti radunati in questa grande sala, a cena. Quando si fa tardi, il re va a dormire e del suo tavolo – il tavolo d’onore – rimane solo la sciamana, una donnetta bianca, vecchia, bassa, rugosa, antipatica, coi capelli stopposi e i vestiti castigati. Io ora l’ho soprannominata “sciamana”, ma gli indigeni non la chiamano. Per loro è semplicemente una guida spirituale.

Va tutto bene per un giorno o due, mentre sono ospite del “palazzo”. Tuttavia sento delle voci di corridoio (le donne delle pulizie? gli impiegati del palazzo?) che non sono tutti felici come sembra e anzi alcuni abitanti soffrono la mancanza di libertà. Sento raccontare di un gruppo di ragazzi che si trova abitualmente in una macchina, nel parcheggio del “centro commerciale”, ad ascoltare le radio vietate e andare su Internet – cosa che non è normalmente concessa – a leggere libri e blog proibiti, tra cui Sanguinando rum e In coma è meglio, vietatissimi perché considerati lascivi e portatori di idee sovversive.

Prima di ogni pasto, nel palazzo, rigorosamente tutti insieme nella mensa (oserei dire “refettorio”), c’è il momento dell’indottrinamento, con canti sacri e proiezione di filmati “educativi”. Io non sono molto entusiasta, anzi non manco di farlo notare, non partecipando ai canti e tenendo un’espressione scocciata. La sciamana se ne accorge e mi riprende. Io non mi lascio umiliare e, con un lungo discorso all’americana, col cuore in mano, la musica solenne e la cinepresa che mi gira intorno lentamente, inveisco contro la sua politica sciagurata, che mantiene gli abitanti nell’ignoranza e favorisce la diffusione di malattie veneree, con tutta la sua disinformazione sul sesso. Il tutto condito da un’abbondante dose di cazzi, fighe e bestemmie. La sciamana è paonazza e tremante di rabbia, quasi paralizzata. Quando finisco di parlare (perché ovviamente¬ quando lei cerca di interrompermi e io le parlo sopra e non interviene) grida con voce isterica di arrestarmi. Le guardie del re mi accerchiano. Allora decido di prendere in ostaggio la sciamana. La sollevo di peso e apposta per farla arrabbiare le grido «Vieni qui, bella figa!». Comincio a scappare con la sciamana sulle spalle, che cerca di divincolarsi ma è talmente minuta che i suoi sforzi sono inutili. Improvvisamente compaiono delle guardie armate di mitraglietta, nello sconcerto di tutti i presenti, che non hanno mai visto un’arma da fuoco in tutta la loro vita. Il dubbio comincia a serpeggiare nelle loro voci. Il mio discorso sembra aver avuto qualche effetto.

Corro. Le guardie rimangono lì senza intervenire mente attraverso le loro file, per timore di ferire la loro preziosissima guida spirituale. Riesco a seminarle. Allora mollo la sciamana per terra e scappo via velocissimo, fuori dal palazzo, passando da un tetto all’altro delle case, tutte costruite molto vicine l’una all’altra, finché arrivo nella casa di un tizio che mi offre protezione. Non so perché, ma mi fido di lui. È asiatico. Dice di essere un esperto di arti marziali (altra cosa vietata) che per quieto vivere ha scelto di non opporsi al regime, ma che continua ad esercitarsi di nascosto. Gli chiedo se riesce a mettermi in contatto coi ragazzi del parcheggio, che saranno curiosi di conoscere qualcuno che ha visto il mondo là fuori. Forse si può organizzare un’evasione, o meglio ancora una rivoluzione!

Fine.

martedì 6 marzo 2012

Bomboniere

Non ho mai capito se i confetti dentro le bomboniere siano lì per essere mangiati o per essere lasciati lì a marcire o cos'altro. Mi spiego meglio. Ora, sul comodino, ho una bomboniera ricordo di una festa di laurea piena di confetti rossi al cioccolato che in questo momento di noia misto insonnia mi sta tentando moltissimo. Tuttavia, come per altre bomboniere che ho ricevuto, non posso estrarre il "dolce contenuto" senza sventrarla. La scelta dunque è tra conservare la bomboniera e frenare la voglia di confetti o mangiarmi i confetti e distruggere la bomboniera. Mi obietto da solo che in ogni caso un giorno i confetti marciranno e la bomboniera dovrò sventrarla per forza, se non addirittura buttarla via; quindi ci sarà un momento in cui sarò costretto a romperla, a malincuore, e mangiarmi i confetti, se ancora saranno buoni, col senso di colpa di aver cancellato un minuscolo pezzo di storia. Il che non è poco, maniaco della conservazione come sono.

Ecco, se fossi Mia Samsa ci potrei probabilmente fare una metafora bellissima. Invece siccome sono le due di notte e già di mio non brillo per la fantasia, mi terrò la voglia di confetti e lascerò la bomboniera sul comodino a guardarmi e per questa volta lascerò vincere il fottesega sul perché. Ma solo per questa volta.

P.S.: Ho realizzato solo oggi (ma forse è una di quelle cose che scopro ogni tanto e poi di nuovo dimentico) che la bomboniera si chiama così perché è fatta per contenere dei dolci. E io che credevo si chiamasse così perché ricorda una donna grassa vestita di tulle.

domenica 22 gennaio 2012

domenica 25 dicembre 2011

Buon Natale stocazzo.

Per me il Natale è solo l'occasione per vedere i parenti che non vedo quasi mai, e giustamente, perché mi stanno sul cazzo.

Durante il cenone della veglia (dopo che la predica non richiesta di Bagnasco su Rai 1 mi ha fatto andare di traverso l'antipasto), la cosa meno peggiore è stata vedere il concerto di Natale condotto da Lorena Bianchetti (più il suo sorriso finto come la Sindone (ah, perché voi ci credevate?)), con la partecipazione dei migliori relitti della musica di questi anni. Un Renato Zero reborn-in-Christ, che una volta si vendeva e faceva i triangoli e ora invece canta Grazie Gesù o robaccia del genere; dei Pooh (o meglio, ciò che ne rimane) che producono suoni facendo vibrare i loro noduli; e non sto a fare l'elenco completo perché sarebbe troppo patetico. Per non dimenticare i bambini del Burundi. O i burini del Bambundi, tanto è uguale. Sicuramente meglio che sentire i nonni litigare.

Ad ogni modo, buon stocazzo a tutti voi e buon compleanno a Sir Isaac Newton, l'unico che si merita veramente degli auguri oggi.