Sono naufrago su una piccola isola sperduta in mezzo al mare e vengo soccorso dagli abitanti, che mi portano nel loro villaggio. Il loro “quartier generale” ha l’aspetto di un centro commerciale, con un parcheggio ampio ma quasi completamente vuoto – non ci sono molte automobili qui.
L’isola è controllata da una setta, non si capisce bene di che religione, ma si vede chiaramente che sono molto bacchettoni: non si possono dire parolacce, non si possono fare allusioni sessuali, bisogna sempre essere buoni e sorridenti (non molto diverso da una setta cristiana evangelica). A capo dell’isola c’è un re nero, molto pacchiano, cui piace il cibo e il gioco d’azzardo (strano che non sia vietato... ma per il re si può sempre fare un’eccezione), che cerca di fare sempre il simpaticone: stringe la mano a tutti, fa molte battute, parla sempre con la voce alta...
Siamo tutti radunati in questa grande sala, a cena. Quando si fa tardi, il re va a dormire e del suo tavolo – il tavolo d’onore – rimane solo la sciamana, una donnetta bianca, vecchia, bassa, rugosa, antipatica, coi capelli stopposi e i vestiti castigati. Io ora l’ho soprannominata “sciamana”, ma gli indigeni non la chiamano. Per loro è semplicemente una guida spirituale.
Va tutto bene per un giorno o due, mentre sono ospite del “palazzo”. Tuttavia sento delle voci di corridoio (le donne delle pulizie? gli impiegati del palazzo?) che non sono tutti felici come sembra e anzi alcuni abitanti soffrono la mancanza di libertà. Sento raccontare di un gruppo di ragazzi che si trova abitualmente in una macchina, nel parcheggio del “centro commerciale”, ad ascoltare le radio vietate e andare su Internet – cosa che non è normalmente concessa – a leggere libri e blog proibiti, tra cui Sanguinando rum e In coma è meglio, vietatissimi perché considerati lascivi e portatori di idee sovversive.
Prima di ogni pasto, nel palazzo, rigorosamente tutti insieme nella mensa (oserei dire “refettorio”), c’è il momento dell’indottrinamento, con canti sacri e proiezione di filmati “educativi”. Io non sono molto entusiasta, anzi non manco di farlo notare, non partecipando ai canti e tenendo un’espressione scocciata. La sciamana se ne accorge e mi riprende. Io non mi lascio umiliare e, con un lungo discorso all’americana, col cuore in mano, la musica solenne e la cinepresa che mi gira intorno lentamente, inveisco contro la sua politica sciagurata, che mantiene gli abitanti nell’ignoranza e favorisce la diffusione di malattie veneree, con tutta la sua disinformazione sul sesso. Il tutto condito da un’abbondante dose di cazzi, fighe e bestemmie. La sciamana è paonazza e tremante di rabbia, quasi paralizzata. Quando finisco di parlare (perché ovviamente¬ quando lei cerca di interrompermi e io le parlo sopra e non interviene) grida con voce isterica di arrestarmi. Le guardie del re mi accerchiano. Allora decido di prendere in ostaggio la sciamana. La sollevo di peso e apposta per farla arrabbiare le grido «Vieni qui, bella figa!». Comincio a scappare con la sciamana sulle spalle, che cerca di divincolarsi ma è talmente minuta che i suoi sforzi sono inutili. Improvvisamente compaiono delle guardie armate di mitraglietta, nello sconcerto di tutti i presenti, che non hanno mai visto un’arma da fuoco in tutta la loro vita. Il dubbio comincia a serpeggiare nelle loro voci. Il mio discorso sembra aver avuto qualche effetto.
Corro. Le guardie rimangono lì senza intervenire mente attraverso le loro file, per timore di ferire la loro preziosissima guida spirituale. Riesco a seminarle. Allora mollo la sciamana per terra e scappo via velocissimo, fuori dal palazzo, passando da un tetto all’altro delle case, tutte costruite molto vicine l’una all’altra, finché arrivo nella casa di un tizio che mi offre protezione. Non so perché, ma mi fido di lui. È asiatico. Dice di essere un esperto di arti marziali (altra cosa vietata) che per quieto vivere ha scelto di non opporsi al regime, ma che continua ad esercitarsi di nascosto. Gli chiedo se riesce a mettermi in contatto coi ragazzi del parcheggio, che saranno curiosi di conoscere qualcuno che ha visto il mondo là fuori. Forse si può organizzare un’evasione, o meglio ancora una rivoluzione!
Fine.
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